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Gli archivi di Emily Dickinson

EDA Home Page

Un bell’esempio di Open Content: sono online gli Archivi di Emily Dickinson. Si tratta di un progetto molto semplice, ma estremamente utile per gli studiosi e gli appassionati, e più in generale per tutti gli interessati alla vita e all’opera della grande poetessa americana. Tutti i manoscritti originali della scrittrice sono stati digitalizzati, catalogati e resi accessibili attraverso un’interfaccia intuitiva, che permette di scorrere le carte in base al luogo di collocazione, all’edizione correlata e a vari altri parametri di ricerca e descrittori. Le carte possono essere visualizzate in forma originale (il facsimile digitale del manoscritto) o attraverso la loro trascrizione in linea. L’insieme è arricchito da un corposo lessico che può essere utilizzato sia per fare ricerche più accurate che a scopo didattico. Sarebbe bello seguire (sistematicamente e non sporadicamente) esempi come questo per rendere giustizia e restituire una memoria al lavoro di tanti autori italiani…

Emily Dickinson Archive

The Emily Dickinson Archive (EDA). A cura del Berkman Center for Internet & Society, della Harvard Library e di vari partner editoriali e istituzionali. Advisory Board: Leslie A. Morris, Sharon Cameron, Julia Flanders, Michael Kelly, Mary Loeffelholz, Cristanne Miller, Domhnall Mitchell, Martha Nell Smith, Marta Werner.

Formati: XHTML e altri formati aperti.
Segnalato da: Mario Rotta, ottobre 2013.

L’eBook è mio e lo gestisco io

La parola “personalizzazione” ha spesso un suono equivoco. Evoca un concetto mitizzato, talora abusato, quasi sempre poco chiaro, soprattutto quando ci si riferisce all’apprendimento e alla conoscenza. A rigor di logica (e se si ripercorre la ricerca sull’argomento) personalizzare non significa affatto aggiungere qualcosa di proprio ad un insieme predefinito, né seguire un percorso alternativo per raggiungere un obiettivo dato: in questi casi sarebbe più corretto parlare di “individualizzazione”, mentre personalizzare significa diversificare, identificare e perseguire altri obiettivi rispetto a quelli suggeriti dal contesto con cui si interagisce, o più semplicemente cambiare, esplorare, integrare. Parlando di eBook, la questione appare ancora più complessa: certe opzioni tipiche del formato ePub ad esempio (come la possibilità di scegliere i font preferiti e/o di ingrandirne il corpo) vengono spesso presentate come opportunità di personalizzazione, ma di fatto non lo sono, poiché non agiscono sul contenuto, ma solo sulla sua visualizzazione. Allo stesso tempo, non sempre vengono evidenziate in quanto tali certe possibilità più coerenti rispetto a una definizione corretta, come l’annotabilità, la riusabilità e/o la flessibilità dei contenuti. In realtà è proprio su questi aspetti che si concentrano gli esperimenti di personalizzazione più interessanti in corso in questo momento. Ce ne sono di almeno tre tipologie. I primi consistono nel dare ai lettori la possibilità di decidere autonomamente in che modo può evolversi il testo (un percorso, una storia…): si tratta di un’applicazione dei principi dell’iperstestualità, che nella produzione di eBook di ultima generazione vengono reinterpretati andando oltre la destrutturazione non lineare del testo, per arrivare a ipotesi di vera e propria personalizzazione del contenuto, come propone ad esempio l’editore francese Mon Roman, che parla espressamente di romanzi personalizzati in base a istanze espresse dagli utenti. La seconda ipotesi va ancora oltre e si concentra sulla possibilità, da parte degli utenti, di assemblare autonomamente i propri libri digitali selezionando parti di contenuto da un repository condiviso: un’opzione che appare particolarmente interessante in ambito educativo, come suggerisce il progetto “Custom Select” dell’editore Wiley. Infine, si segnalano le ipotesi basate sul superamento del concetto stesso di libro = testo, per puntare sulla distribuzione di frammenti o segmenti di contenuti digitali all’interno di un ambiente sociale, dove ciascun lettore/utente può diventare co-autore e/o facilitatore tra pari: come accade nel progetto “Social Learning” di Garamond. In tutti gli esempi citati emergono alcune istanze fondamentali per il dibattito avanzato sugli eBook. Prima di tutto appare chiaro che lavorare sulle opportunità di personalizzazione implica una concezione del contenuto fondata sul concetto di “openness”: non solo il contenuto deve essere “aperto”, ma anche fluido, riusabile, non limitato da DRM vincolanti. Le stesse politiche di distribuzione dei contenuti dovrebbero essere ripensate e rese più flessibili. Inoltre, bisogna ragionare sulle diverse esigenze di personalizzazione determinate dal profilo degli utenti, passando da una visione centralistico/trasmissiva del lavoro autoriale/editoriale alla valorizzazione di forme supportate e collaborative di co-mediazione sui contenuti, come spiega in modo chiaro e semplice Vishal Dani in un bel post su Digital Content Publishing. Ulteriori sviluppi potranno prendere forma tenendo conto dell’impatto degli eBook sul modo di scrivere e sul modo di leggere, e sulla relazione tra i due epifenomeni (se ne parla ad esempio in un articolo di Steven Johnson sul Wall Street Journal), e soprattutto dalla corretta valorizzazione di dimensioni specifiche ed esclusive degli eBook, come l’annotabilità, oggetto tra gli altri di un bell’articolo di Mac Slocum su O’Reilly Radar. Insomma, si aprono scenari di reale innovazione. Sempre che si riesca ad andare oltre i limiti di un dibattito che spesso tende a ristagnare su aspetti più superficiali e talora fuorvianti, legati alla sola fenomenologia delle tecnologie in quanto tali o alla volontà di controllare il passaggio epocale in atto in nome di posizioni nostalgiche o di interessi consolidati.

Open Shakespeare

Open Shakespeare. The marriage of text and technology. Raccolta di testi digitali, materiali e strumenti critici a cura di Open Knowledge Foundation (editor: Rufus Pollock, Iain Emsley, Jonathan Gray, Colette Sensier, James Harriman-Smith, Jack Belloli, Emma Mustich, Nika Engberg, Adam Green, Arabella Milbank, Lottie Fenby, Rachel Thorpe, Hazel Wilkinson).
HTML +altri formati, EN

Non si tratta propriamente di un eBook ma di un’intera raccolta di testi e molto altro ancora: il nucleo originario del progetto sono le edizioni digitali delle opere di Shakespeare “annotate” dai curatori e annotabili/integrabili da parte degli stessi utenti. In pratica, si parte dal testo per sviluppare una sorta di ipertesto in progress, in continua evoluzione (secondo quanto dichiarato dai responsabili della OKF) grazie a una serie di “tools for annotating, comparing, searching, and analysing texts – whose code will be open, and encourage reusability in line with the Four Principles of Open Knowledge Development“. Insomma, testi digitali impeccabili, apparato critico dinamico e nessun limite di utilizzo (Creative Commons): un modello da seguire; e un esempio di cosa si può e si dovrebbe fare nell’epoca della riproducibilità digitale con tutto ciò che rappresenta un patrimonio per l’umanità.

[segnalato da: Mario Rotta, febbraio 2011]